19 ottobre 2011

Riflessioni (per chi ama pensare)

Riflessioni (per chi ama pensare)

Di seguito è proposto un brano del 1913 di Max Planck (1858-1947) tratto da un articolo del 1913 e intitolato Nuovi orizzonti nella fisica.

Karl Ernst Ludwig Marx Planck (1858 – 1947), fisico tedesco, ha ideato la teoria dei quanti, uno dei pilastri della fisica contemporanea.

Trentacinque anni fa Hermann von Helmholtz affermò che le nostre percezioni possono fornirci non un'immagine, ma tutt'al più un segno del mondo esteriore. Non abbiamo infatti alcun punto dì riferimento che ci permetta di affermare l'esistenza di una qualche somiglianza fra i fenomeni del mondo esterno e le sensazioni che esse provocano in noi: tutte le nostre rappresentazioni del mondo esteriore non rispecchiano in ultima analisi che le nostre proprie sensazioni. Che senso ha contrapporre alla nostra coscienza una « natura in sé » indipendente da quella ? Non sono forse le cosiddette leggi naturali nulla più che regole opportune con cui noi ricapitoliamo nel modo più preciso e comodo possibile il decorso nel tempo delle nostre sensazioni? Se così fosse, non solo il senso comune, ma anche le scienze esatte sarebbero da tempo immemorabile in errore; poiché è innegabile che finora la fisica ha lavorato a tener nettamente distinti, per quanto è possibile, i fenomeni del mondo esterno dalle sensazioni umane.
 
Per liberarsi da questa inceppante difficoltà non c'è che da proseguire ancora un passo innanzi in quest'ordine di pensieri. Supponiamo di avere trovato un'immagine fisica del mondo che soddisfi a tutte le esigenze, ossia che possa rappresentare in modo perfettamente esatto tutte le leggi naturali trovate empiricamente. Non si potrà dimostrare in alcun modo che quell'immagine sia simile, anche solo approssimativamente, alla natura « reale ». Ma questo enunciato ha il suo rovescio, su cui si usa insistere molto meno: ossia non potrà essere confutata neppure l'opinione assai più ardita che quell'immagine del mondo riproduca in tutti i punti senza eccezione e con assoluta fedeltà la natura reale. Infatti per poter semplicemente tentare una confutazione di tal genere bisognerebbe sapere qualcosa di certo sulla natura reale, e ciò è notoriamente impossibile.
 
Qui ci si para dunque dinanzi un'enorme lacuna in cui nessuna scienza potrà mai penetrare; riempire questa lacuna è compito non della ragion pura, ma della ragion pratica e del buon senso. Una intuizione del mondo non è mai dimostrabile scientificamente; ma è altrettanto certo che essa resiste incrollabile ad ogni tempesta purché rimanga in accordo con sé stessa e coi dati dell'esperienza. Non ci si venga a dire che anche nella più esatta di tutte le scienze si possa procedere senza una intuizione del mondo, ossia senza ipotesi indimostrabili. Anche in fisica non si è beati senza la fede, per lo meno senza la fede in una realtà fuori di noi. È questa fede sicura quella che indica la via all'impulso creatore che ci sospinge, quella che offre gli appigli necessari alla fantasia che va tastando il terreno, quella che sola può ravvisare lo spirito stanco per gli insuccessi e spronarlo a nuovi balzi in avanti. Uno scienziato che nei suoi lavori non si lasci guidare da un'ipotesi, prudente e provvisoria quanto si vuole, rinuncia a priori all'intima comprensione dei suoi stessi risultati. 
Chi rigetta la fede nella realtà degli atomi e degli elettroni, o nella natura elettromagnetica della luce, o nell'identità fra calore dei corpi e movimento, riuscirà certamente a non farsi mai cogliere in contraddizioni logiche od empiriche. Ma resta a vedersi come riuscirà, partendo dal suo punto di vista, a far progredire la conoscenza scientifica. 

D'accordo: la fede non ci riesce da sola e, come la storia di ogni scienza insegna, può anche condurre in errore e degenerare in ristrettezza mentale ed in fanatismo. Perché la fede sia sempre una guida fidata bisogna continuamente controllarla in base alle leggi del pensiero ed all'esperienza, e a tale scopo nulla vale come il lavoro coscienzioso, faticoso e pieno di abnegazione del singolo ricercatore. Anche un re della scienza, se il caso si presenta, deve sapere e voler fare il facchino, in laboratorio o in archivio, all'aria libera o a tavolino. È proprio in queste dure lotte che l'intuizione del mondo matura e si affina. Solo chi ha provato di persona che cosa sia questo processo, saprà apprezzarne appieno il significato.

Tratto da "La conoscenza del mondo fisico" ed. Boringhieri.
 

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